Andrea Contrini Fotografia
Fiandre. La quiete sul Fronte Occidentale
A cent’anni dalla fine della Grande Guerra un viaggio sui campi di battaglia simbolo del conflitto.
Monumento ai soldati dispersi del Commonwealth e porta di accesso orientale alla città. Sulle sue pareti sono incisi i nomi di 54.896 caduti i cui corpi non sono mai stati rinvenuti o identificati. A loro ricordo risuonano le note dell'inno del "Last Post": la cerimonia si tenne la prima volta nel 1928 e da allora si ripete ogni sera. Fu interrotta solo nella Seconda guerra mondiale durante l'occupazione nazista.
L'immensa teoria di trincee, fortificazioni e filo spinato del Fronte Occidentale partiva dalle Alpi svizzere per terminare tra queste dune digradanti nel Mare del Nord. Il faro, distrutto dal conflitto e poi ricostruito, segna il punto più settentrionale dell'intera linea alleata.
Era la sera del 27 ottobre 1914 quando le chiuse dell'Yser a Nieuwpoort si aprirono facendo fluire l'acqua del mare nella pianura: l'inondazione fu il gesto estremo dell'esercito belga per sbarrare la strada ai tedeschi durante la "corsa al mare". Per i successivi quattro anni i combattenti si affronteranno in uno straniante acquitrino, che lo scrittore Charles le Goffic descriverà così: «L'acqua è ovunque: nell'aria, nel terreno e sottoterra. E' la terra dell'umidità, il regno dell'acqua».
Ricavato in una sottile lingua di terra circondata dai terreni inondati dall'Yser (a sinistra) e continuamente bersagliato dal tiro nemico, era la posizione chiave - ma anche la più precaria e pericolosa - dell'esercito belga. Nel dopoguerra il sito fu preservato dallo Stato a ricordo dell'immane conflitto.
Assieme alla ricognizione aerea, gli osservatori erano indispensabili per spiare i movimenti del nemico, dirigere il fuoco dell'artiglieria e valutarne gli effetti. Erano spesso camuffati in costruzioni esistenti (fattorie, mulini a vento, ciminiere, campanili di chiese), così da evitare di essere riconosciuti a loro volta dal nemico.
Noto come Studentenfriedhof (cimitero degli studenti) a causa di un episodio della Prima Battaglia di Ypres (1914), quando i reparti tedeschi, composti in gran parte da giovani studenti volontari, andarono al macello affrontando i proiettili e le granate nemiche facendosi scudo col solo canto di “Deutschlandlied”.
Nel dicembre 1914 il motto “A casa prima di Natale” era ormai una vana illusione. Ciò nonostante, sarà nella desolazione della terra di nessuno che affioreranno gesti di fratellanza quando, attorno al 25 dicembre, amici e nemici deporranno le armi per scambiarsi auguri e piccoli doni. La miseria della vita di trincea aveva accomunato questi uomini, facendo dimenticare il diverso colore della divisa. I campi di Saint Yvon passeranno alla storia per una partita a calcio tra britannici e tedeschi.
Eretto sulle posizioni a Sint-Juliaan dove, il 22 aprile 1915, le forze canadesi vennero investite dalle spettrali nubi giallo-verdastre del primo attacco con armi chimiche su larga scala. La ricerca tecno-scientifica divenne un imperativo con cui tentare di superare lo stallo della guerra di trincea. Assistiti da scienziati come Fritz Haber, i tedeschi aprirono la Seconda Battaglia di Ypres con il lancio del gas cloro, presto ribattezzato "Iprite" dal nome della cittadina.
Il soldato e filosofo Ernst Jünger lo citerà nel suo “Nelle tempeste d'acciaio”, descrivendo una notte al riparo da un bombardamento: «Il sonno fu pesante e agitato; i proiettili dirompenti che cadevano, nell'oscurità impenetrabile, attorno alla casa, provocavano in quel paesaggio morto un senso indescrivibile di solitudine e abbandono».
La natura di un terreno soggetto a inondazioni e imbevuto d'acqua spinse i tedeschi a creare -anziché le classiche trincee che si trasformavano inevitabilmente in acquitrini - un sistema di postazioni e casematte in cemento armato. Queste fornivano protezione al fuoco nemico e alle avversità climatiche, mentre le mitragliatrici che spuntavano dalle feritoie difendevano efficacemente il terreno circostante. Dopo Passchendaele, anche i britannici fecero propria questa tipologia di strutture.
Aperto al pubblico in occasione del centenario della Terza Battaglia di Ypres, oggi è definitivamente chiuso per questioni di sicurezza e le costanti infiltrazioni d'acqua hanno completamente sommerso gli ambienti. Qui trovavano collocazione le cuccette per la truppa, la stanza per gli ufficiali, una piccola officina e un posto di medicazione. Si stima che nelle Fiandre, solamente da parte britannica, furono scavati oltre 370 ricoveri sotterranei. Oggi molti di essi giacciono sepolti nell'oblio.
Poperinge era una cittadina nelle retrovie del fronte britannico frequentata dagli uomini di ritorno dalle trincee. Il club per soldati Talbot House nacque per idea del reverendo Philip "Tubby" Clayton, diventando un rifugio di fratellanza e uguaglianza dall’inferno della guerra: ogni soldato era accolto col motto: «Abbandonate ogni rango, o voi che entrate!». Tra il 1915 ed il 1918, in migliaia lo animarono con letture, proiezioni di film, spettacoli teatrali o ritirandosi per una preghiera.
dove erano rinchiusi i soldati britannici accusati di diserzione o codardia in attesa del plotone di esecuzione.
Alla vigilia dell'operazione il generale Herbert Plumer commentò: «Forse domani non faremo la storia, ma di certo cambieremo la geografia». Quella notte il boato sotto le linee tedesche tra Messines e Wijtschate fu udito persino a Londra e a Dublino. La battaglia di Messines fu uno dei maggiori successi britannici ma quattro mine non esplosero. Dimenticate per quasi quarant'anni, sarà il fulmine di un temporale ad innescarne una, facendo riemergere dall'oblio la violenza sepolta.
a ricordo dei soldati irlandesi che combatterono nella Grande Guerra tra le fila dell'esercito britannico. La battaglia di Messines verrà ricordata per le vicende delle due divisioni irlandesi, la cattolica 16th e la protestante 36th: in un periodo in cui l'Irlanda era travolta da forti tensioni tra indipendentisti e unionisti, la guerra dissolse le discordie facendoli avanzare fianco a fianco nel tumulto dei combattimenti.
rievocano le logiche che portarono alla morte seriale nella Terza Battaglia di Ypres. Le colorazioni, come quelle usate al giorno d'oggi, servivano agli artiglieri per identificare facilmente la tipologia di armamento: i britannici usavano l'ocra per gli esplosivi ad alto potenziale, il nero per gli shrapnel e il grigio con fasce bianche o rosse per le granate
Nel 1917 gli alti comandi britannici avevano la convinzione che solamente l'artiglieria avrebbe superato l'impasse della guerra di posizione. Come afferma lo storico Eric J. Leed: «Questa logica trovò fedele applicazione nella Terza Battaglia di Ypres dove, dopo un fuoco di sbarramento di quattro milioni e mezzo di bombe sparate da tremila medi calibri e mille pesanti (...), un intero esercito britannico sparì nelle paludi delle Fiandre».
Simbolo della morte di massa, il cui anonimato è infranto dalla toccante individualità di ogni tomba.
Il paesaggio lunare del campo di battaglia di Passchendaele è uno tra i più intensi simboli di devastazione e orrore della Prima guerra mondiale. Ma sono molti gli episodi avvenuti tra il 1914 ed il 1918 nella piccola provincia belga delle Fiandre Occidentali che diventarono emblematici di quel conflitto: la cosiddetta “tregua di Natale”, il primo utilizzo su larga scala di gas tossici e la guerra sotterranea nelle alture di Messines.
Il tratto di fronte che andava dalle spiagge di Nieuwpoort ai boschi di Ploegsteert si stabilizzò dopo la cosiddetta "corsa al mare" del 1914. Poi il fulcro della lotta diventò il saliente di Ypres, vedendo contrapporsi le truppe tedesche a quelle britanniche, del Commonwealth e francesi.
Le quattro furiose battaglie attorno alla cittadina - nel 1914, nel 1915, nel 1917 e nel 1918 - spostarono le linee di appena qualche chilometro facendo sprofondare gli eserciti in un inferno di sangue e fango. Dilaniarono quella che era una fiorente area agricola e nel dopoguerra popoleranno gli incubi dei veterani.
Ancora oggi il paesaggio fiammingo mostra la violenza subita: a Passendale l'acqua color ruggine nei canali agricoli rivela la presenza di migliaia di proiettili sepolti; tra Langemark e Bikschote i pascoli sono disseminati di relitti di fortini in calcestruzzo; talvolta capita che il terreno collassi portando alla luce oscuri labirinti sotterranei.
Con queste fotografie ho voluto proseguire l'esplorazione iniziata con "La quiete dopo la battaglia" e con "Echi nel silenzio" (pubblicati sul sito web di National Geographic Italia) rivolta ai campi di battaglia del 1914-1918. Il progetto è nato dal senso di meraviglia verso il tempo e la natura, che hanno saputo reinterpretare la devastazione lasciata della guerra. Diversi sopralluoghi sul terreno e ricerche tra i libri (in grande parte in lingua inglese) sono stati poi necessari per sottolineare quell'imprescindibile nesso tra paesaggio attuale e vicende del passato.
Ho realizzato queste fotografie intendendole come piccoli tasselli volti a ricomporre una parte di quel grande mosaico che fu la prima guerra totale e di massa. Perché quel conflitto ha ancora molto da dirci sulla modernità che oggi ci circonda, la quale vide la luce nel bagliore delle esplosioni di cent'anni fa.